L'EDITORIALE: Critiche ai vitigni internazionali di Sicilia Stampa
Scritto da Luigi Salvo   
Domenica 19 Settembre 2010 00:00

Polemiche, ed ancora polemiche da più parti, sui vini siciliani ottenuti da vitigni internazionali, pseudo esperti, integralisti del gusto, palatali in esubero, continuano ad esprimermi le loro perplessità su taluni di questi vini, a volte francamente a ragione, molto più spesso a torto, per il semplice gusto di criticare l’espressione siciliana del gusto-Cabernet Sauvignon, gusto-Syrah, ecc. In Sicilia lo studio, la sperimentazione e poi la diffusione dei vari vitigni internazionali Cabernet, Syrah, Merlot, Chardonnay ecc., ha messo in evidenza una particolare vocazione di numerosi territori a produrre queste uve, agevolata dalle favorevoli condizioni climatiche che portano a perfetta maturazione uve particolarmente curate. Proprio per questo, i vitigni alloctoni sono ormai particolarmente diffusi,

in particolare  il Syrah, arrivato in Italia solo a metà degli anni Ottanta, attualmente è presente nell’isola con circa 5000 ettari d’estensione, pari a circa il 4% della superficie vitata della regione. Ad oggi sono circa un centinaio le etichette di Syrah monovarietale e poco meno sono gli uvaggi polivarietali con la presenza del vitigno tra il 15 e l’80%, sia in abbinamento a vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon e Merlot, che ad autoctoni quali Frappato e soprattutto Nero d’Avola, che risulta ammorbidito da tagli con Syrah già a partire dal 15% in volume.Il Cabernet Sauvignon è tra i vitigni più internazionali, considerato il re dei vitigni rossi nobili, ha ottime capacità d’adattamento alle più disparate condizioni climatiche siciliane ed alle varie tecniche di vinificazione, le sue bacche maturano tardi, e danno vita a vini dall’intenso colore scuro, tannici, con una particolare attitudine all’invecchiamento. Anche se da più parti si apprezza questo rinnovato internazionale stile enoico siciliano, c’è chi di contro, non è affatto d’accordo sulla sempre più “californizzazione” della produzione.

A mio modo di vedere, non si può fare di tutta un’erba un fascio, spesso ci troviamo in presenza di prodotti monolitici ed inconcludenti, frutto della più inutile globalizzazione del gusto, ma anche a vini buoni ed interessanti, caratterizzati da note olfattive e gustative che ricordano vini di zone decisamente più fresche, sino a prodotti che pur ottenuti da vitigni internazionali, riescono ad esprimere una compiuta territorialità, un gusto decisamente unico e marcato, con un’espressione del vitigno frutto del legame con il particolare luogo d’origine. Così mi è capitato di commentare in pubblico taluni Cabernet o Syrah che evidenziano la matrice di provenienza più di taluni Nero D’Avola, mortificati da uve di dubbia qualità e sviliti da vinificazioni ipermoderne. Per fortuna una certa inversione di tendenza è già in atto, con un attenta riscoperta e maggior cura degli autoctoni, ed una produzione di alloctoni che ricalchi un po’ meno il classico gusto internazionale, ed esprima il loro carattere mediterraneo. Quindi occhio alle critiche frutto di preconcetto e diffidenza, il vino và valutato per le sue positive espressioni sensoriali, oltre ogni tendenza del gusto, oltre ogni luogo comune.